La proliferazione dei dispositivi IoT è sotto gli occhi di tutti, nelle fabbriche come negli edifici, per non parlare dei sempre più numerosi apparati consumer collegati alla rete. Una tendenza che è spinta dalla necessità di avere a disposizione sempre più informazioni sul funzionamento e sulle performance di questi apparati. Il fenomeno è inoltre favorito dalla maggiore disponibilità di banda e dalla discesa complessiva dei prezzi della sensoristica IoT e della stessa connettività.
Nel prossimo futuro, dunque, ogni prodotto potrà essere connesso e sarà in grado di comunicare e trasmettere i dati relativi al suo funzionamento. Anzi, la progressiva affermazione dell’edge computing renderà sempre più diffusa anche la stessa analisi dei dati a livello locale, risolvendo uno delle problematiche più pressanti per il mondo industriale, quella cioè della latenza di trasmissione.
Secondo una stima del McKinsey Global Institute nel 2025 l’IoT avrà un impatto globale sull’economia tra i 4 e gli 11 trilioni di dollari e il settore destinato a fare da traino è proprio l’ambito manifatturiero. Le moderne fabbriche sono infatti ormai caratterizzate da un uso massiccio di tecnologie digitali, quali ad esempio la robotica collaborativa e l’intelligenza artificiale. Tanto che oggi si parla apertamente di smart manufacturing, ovvero di un tipo di produzione caratterizzato dall’adozione di tecnologie digitali in grado di aumentare l’interconnessione e la cooperazione tra macchine, persone e dati.
Data Quality e Data Governance per trasformare i dati in informazioni
Ovviamente, la crescente connessione dei dispositivi porta con sé un’immensa produzione di dati digitali: IDC stima che nel 2025 il mondo genererà 163 ZB di dati, un volume senza precedenti nella storia. Un quantitativo che, di per sé, non costituisce un beneficio economico diretto per le organizzazioni. Anzi, la loro raccolta, catalogazione e archiviazione rappresenta un costo fisso per le aziende, dal momento che impone l’acquisto di soluzioni hardware e software ad hoc.
È possibile affermare che questo volume senza precedenti pone sotto enorme pressione le organizzazioni IT aziendali, che devono anche gestire l’infrastruttura e mantenere i dati sicuri e disponibili. Inoltre, i dati grezzi non sono informazioni: su questo volume perennemente crescente di bytes va perciò impostata innanzitutto una strategia Data quality. Quest’ultima può essere vista come un processo di analisi a cui devono essere sottoposti i dati grezzi, con l’obiettivo di analizzarne e incrementarne la qualità, facendo leva su aspetti come accuratezza, consistenza, completezza e correttezza.
Prima della Data Quality, in realtà, deve essere impostato un lavoro di Data Governance, che garantisca la gestione sicura ed efficace dei dati nel loro ciclo di vita, nel pieno rispetto della compliance interna ed esterna. Soltanto a queste condizioni i dati prodotti dall’IoT possono trasformarsi in informazioni rilevanti, applicando ad essi determinati modelli. La successiva applicazione di tecnologie come machine learning e intelligenza artificiale può essere l’anticamera per la data monetization.
Secondo una stima di IDC, entro il 2020 l’80% delle aziende avvierà nuove iniziative di data management e data monetization per rafforzare la propria posizione, innovare i processi e generare nuovi flussi di entrate. In particolare le pratiche di data management permettono di trasformare i dati in conoscenza, gestendo e ottimizzando il ciclo di vita degli stessi. La data monetization consente invece di trasformare i dati in ricavi. Stando a un’indagine condotta a livello mondiale da IDC nel 2018, il 67% delle aziende sta creando capacità di data management, il 43% di data monetization.
La monetizzazione nell’industrial IoT
È chiaro, infatti, che le informazioni ricavate possono risultare estremamente utili, soprattutto per quelle imprese che hanno necessità di trovare nuovi modelli di business o migliorare le proprie capacità. Un caso classico di monetizzazione può essere legato all’ambito industriale: ormai sempre più spesso i produttori di macchine utensili, oltre alla vendita dell’apparato produttivo, abbinano un servizio abilitato dall’industrial IoT.
Un esempio di questo tipo può essere la manutenzione intelligente, che consente cioè di evitare i guasti e le conseguenti interruzioni del processo produttivo. Sempre il monitoraggio può abilitare l’offerta di servizi rivolti all’ottimizzazione dei consumi energetici, grazie alla possibilità di individuare gli sprechi e di controllare da remoto le diverse tipologie di fabbisogno. Il beneficio è senz’altro evidente per l’azienda fornitrice, che ha la possibilità di sfuggire al pericolo della comoditizzazione dell’hardware attraverso la proposta di servizi a elevato valore aggiunto, capaci peraltro di rafforzare nel lungo termine la relazione con il cliente finale. Quest’ultimo, d’altra parte, può giovare di servizi utili a ottimizzare la propria attività produttiva, appoggiandosi peraltro a un unico interlocutore.
Servizi base, intermedi, avanzati
È chiaro che non tutti i servizi abilitati dall’industrial IoT sono uguali e non tutti offrono le stesse possibilità di monetizzazione. Una buona base di partenza è quella offerta da Tim Baines nel suo libro “Made to Serve”. Secondo l’autore esistono tre diverse tipologie di servizi che un’azienda manifatturiera può fornire in aggiunta ai suoi prodotti: servizi base, servizi intermedi, servizi avanzati. Per quanto riguarda i servizi base, l’obiettivo fondamentale è quello di facilitare l’installazione e l’uso del prodotto.
Un caso classico di questo tipo può rinvenirsi in un classico prodotto consumer come i condizionatori: ormai diversi operatori abbinano alla classica vendita del dispositivo il controllo da remoto e la possibilità di visualizzare le statistiche e la reportistica.
I servizi intermedi si pongono invece l’obiettivo di migliorare le condizioni di esercizio del prodotto. Un esempio molto calzante di servizio intermedio è proprio la già richiamata manutenzione predittiva, che rende possibile evitare gli stop improvvisi e riduce gli interventi fisici di manutenzione, ottimizzando così le condizioni di esercizio.
In questa fase la manutenzione predittiva è senza dubbio la strategia di servitizzazione più utilizzata nel mondo industriale, dal momento che è capace di garantire una fonte supplementare di ricavi ai produttori di macchine utensili. I benefici sono indubbi anche per i clienti finali, che possono contare su una significativa riduzione dei costi fissi legati alla manutenzione.
La terza tipologia di servizi IoT è rappresentata da quelli avanzati, che si propongono di massimizzare il risultato finale legato all’utilizzo del prodotto/dispositivo. In buona sostanza, chi offre questa tipologia di servizi si prende la responsabilità di garantire non solo la manutenzione, ma anche il monitoraggio completo del dispositivo/macchinario commercializzato, garantendo il rispetto dei parametri massimi di produttività ed efficienza raggiungibili.
La servitizzazione, insomma, presuppone lo sviluppo di un processo culturale di cambiamento nell’ottica della customer centricity, non certo semplice da mettere in atto. A che punto siamo in Italia su questo fronte? Senza dubbio la strada verso una completa servitizzazione del settore industriale è ancora lunga, ma un movimento in tal senso è indubbio, come dimostra una apposita ricerca sulla Servitizzazione realizzata da ANIE che ha coinvolto 55 aziende del comparto, di cui 27% Grandi Imprese e il 35% appartenenti a gruppi internazionali. La principale evidenza è che le imprese sono ancora “prodotto centriche” ma appare in crescita il ruolo dei servizi grazie allo sviluppo del digitale. In particolare le dinamiche in atto vedono lo sviluppo di soluzioni integrate tra prodotto e servizio, la vendita di servizi verso la propria base installata e, in modo meno rilevante, la vendita di servizi verso la base installata della concorrenza.
Una monetizzazione anche indiretta
L’industrial IoT, naturalmente, non è l’unica possibilità per la monetizzazione: i dispositivi connessi sono ad esempio ormai molto impiegati nel retail, soprattutto nell’ottica di migliorare la customer experience dei clienti. I dati digitali ricavati dai device installati nei negozi permettono di migliorare il grado di conoscenza dell’utente finale, consentendo così di calibrare nuovi servizi volti ad aumentare il livello di coinvolgimento personalizzato e soddisfazione.
Più in generale, c’è da tenere in considerazione che la monetizzazione delle informazioni ricavate può essere anche indiretta: spesso esistono infatti una serie di operatori che sono disposti a pagare o fornire servizi in cambio dell’accesso ai dati, come ad esempio nel caso delle connected car. Più difficile da quantificare in termini monetari, ma sicuramente significativo, è il miglioramento delle relazioni e dei rapporti tra i diversi attori di un ecosistema.
La condivisione dei dati abilitata dall’IoT, infatti, può tradursi in una maggiore velocità di realizzazione dei progetti, con un conseguente risparmio di tempo e risorse.